Potevo essere tante cose nella vita, pensiero comune a tanti credo. La mia vita ben incanalata nelle attività comuni, ha però questo aspetto goliardico direi del voler scrivere “cose”. Storia ormai nota la mia, letta e riletta, in tantissimi libri di VERI SCRITTORI, chi fa il cassiere, il fioraio, il panettiere, l’operaio, che allo stesso tempo, impronta e mette le basi per la sua vera passione, scrivere. Per farlo ci sono vari passaggi comandati ai quali mi sto attenendo scrupolosamente:
- leggere, sempre, tutto: dalla ricetta della panna cotta, al quotidiano di provincia, fino ai libri sul Bosone di Higgs, perchè mi hanno sempre insegnato che leggere solo ciò che ci piace, non può arricchirci degli stessi contenuti di ciò che spesso non ci appartiene,
- studiare: ho investito, sto investendo ed investirò sempre tanto tempo per la mia “formazione” come scrittrice. Possiamo anche possedere un talento, ma se non impariamo a coltivarlo, potrebbe anche non fiorire mai. Pensiamo ad Harry Potter, se non avesse studiato, come avrebbe potuto imparare a gestire tutta quella magia ereditata dai genitori?!
- scrivere: e in questa attività ci voglio includere varie forme di scrittura; quella personale sotto forma di articoli, qui contenuta all’interno del blog; pagine e pagine di racconti, romanzi, poesie che un giorno dovrò decidermi a sottoporre ad occhi diversi dai miei; ma anche la scrittura conto terzi, ossia “lo scrivere per”. Ecco oggi sarà proprio su questo ultimo punto che voglio soffermarmi, il lavoro di “stage formativo”, o la più comune gavetta.

Uno scrittore non praticante deve imparare fin da subito che dovrà prestarsi a praticare per terzi per adempiere alla sua parte di formazione, accettando critiche e scendendo sempre a compromessi. Scrivere romanzi o libri che possano vendere milioni di copie dovrebbe essere il mio obiettivo finale, e lo è, ma credo, in tutta onestà, che uno scrittore possa definirsi tale, quando riesce a giocare così bene con le parole da poter intavolare un qualsiasi argomento con la padronanza di chi ne conosce ogni aspetto.
Il mondo della scrittura è fatto di domanda e offerta come qualsiasi campo. Chi domanda chiede un pezzo di tot battute da inserire in un giornaletto locale, un sito di vendita diretta, un depliant informativo, una brochure promozionale; chi offre deve riuscire a produrre il testo nel mondo più accattivante possibile, strizzando le parole nello spazio limite consentito, per poi attendere il verdetto finale.
L’aspetto più difficile di tutto questo lavoro, dopo il riuscire a farsi pagare in modo onesto, è quello di accettare le critiche, almeno per me. Mi sono ritrovata spesso a scrivere di tematiche che sentivo mie, lasciando trasparire quel livello emozionale che va oltre il consentito, ricevendo sempre indietro il lavoro perché troppo articolato, altre volte ho dovuto apportare modifiche a quello che il mio flusso di pensieri voleva esprimere. “Questa frase non può piacere, trova un modo più polite per dirlo”, oppure “il tema è quello giusto, ma bisogna sistemare tutto il contorno”; non so se riesco a spiegare come diventa difficile per me strappare quella parte così mia e personale dal foglio, per poter scrivere quello che viene richiesto e comandato sulla base di battute, spazi e contenuti.
Mi sto lamentando di come il mercato mi richieda di uniformare la mia scrittura alla massa generale, so bene che se voglio scrivere devo anche sapere fare questo, abbassare la testa e decidere di farmi violenza per oltrepassare il confine. Mi sto lamentando degli effetti che ha su di me la critica esterna; considero la scrittura un atto fatto di anima, scrivere è come vivere in una dimensione parallela; com’è possibile che qualcuno possa, in maniera obiettiva e neutrale, giudicare qualcosa che viene da così lontano e profondo? Ecco questi sono scogli, ostacoli insormontabili per me.
Quando scrivo sento l’adrenalina scorrere veloce nelle vene come se stessi vivendo momenti indimenticabili e intimi che solo io posso sentire. Riportare ogni singola parola su un foglio, sapendo che poi dovrò rimettermi a qualcuno che in quel momento sta bevendo un caffè alla scrivania, annoiato dal mondo e dal numero di paginette che ogni giorno riceve, pronto a sbuffare di fronte all’ennesima composizione scritta che chiede una possibilità, è davvero avvilente e frustrante.
I miei lavori contengono sempre una parte autobiografica, che sia un momento o un sentimento, vederli bocciati è un po’ come se fossi io ad essere respinta da quel mondo, sapendo che se mi fossi obbligata ad essere più o meno di così avrei potuto fare il passo oltre.
Oggi il mio lamento è così, confusionale, come il mio animo, i miei capelli e i miei occhi. Zero formule magiche per la conclusione o la scelta di direzione, l’unica certezza è che scrivere resterà sempre la mia vendetta verso un mondo che mi ha troppo spesso bocciato per il mio mancato conformismo.
“Non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto” – (Isaak Babel’, Guy de Maupassant, 1932)
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