Be soft, kind and loving, but also don’t take nobody’s shit – Dura la vita per gli empatici.

Lo so, lo so, il titolo in inglese non sa da fare, ma esiste un modo più immediato per spiegare a voi empatici che non dovete poggiare sulle vostre spalle il peso delle vite altrui?

Oggi amico voglio dedicarmi alla tua mission impossible, questa volta mettiti comodo, sarò io a fare il lavoro sporco per te.

L’empatia è quella brutta bestia che riesce a catapultarti nei panni degli altri per poter vivere in maniera atavica, passami il termine, i dolori e le sofferenze di chi hai vicino e si racconta.

Invidi quelle persone che dopo un lungo racconto strappalacrime, danno una bella pacca sulla spalla e dicono: “Forza, vedrai che passerà anche questa”, vero?

Tu, amico mio, paladino incompreso che vesti da soccorritore, tu, che lasci tutte quelle sofferenze divorarti lentamente mentre la giornata volge al termine.

Il tuo sguardo, affranto, che ascolta in rigoroso silenzio notifica già quel senso di colpa, perché non ti senti all’altezza, non senti di soffrire abbastanza. Ad ogni parola del racconto, si infiamma nelle viscere più profonde quell’impotenza che ti distingue sempre; ad un certo punto ti accorgi che non stai nemmeno ascoltando chi ti è vicino, no, sei troppo concentrato a capire come poter aiutare a risollevare gli animi, risolvere il problema, alleviare il dolore, perché si dai ammettilo, per sentirti meglio vorresti soffrire tu al posto degli altri.

Come dici? Ci sono momenti in cui vorresti inserirti all’interno della storia? Per far cosa? Cambiare il susseguirsi degli eventi? Tornare indietro nel tempo? Sei un impotente lo vuoi capire?? Fallo finire subito! Non puoi ascoltare altro dolore, fermalo subito prima che ti mangi tutto,

Troppo tardi amico mio, eccola tornare da te.

“Empatia, da tempo non venivi a farmi visita”, sbotti appena la senti atterrare nel mezzo del tuo petto.

“Ciao, mio povero amico sofferente, anche questa volta mi hai disturbata”, ribatte lei.

“Io? sei tu che ogni volta arrivi a procurarmi questi fastidi. Anche questa volta mi toccherà rimuginare, pensare a questo grande dolore e non riuscire a liberarmene fino al prossimo incontro con uno nuovo”, si difende l’amico.

“Ti sbagli, mio ingenuo nobile cuore, io non entro in funzione da sola, sei sempre e solo tu che decidi di coinvolgermi. Da quanti anni ormai investi soldi e tempo su te stesso per cercare di migliorare questo tuo lato debole? Quante volte ti hanno spiegato che comprensione e ascolto sono una cosa mentre METTERSI NEI PANNI DEGLI ALTRI è tutt’altra?”.

L’amico scrolla le spalle, lasciando cadere la testa all’indietro; “Dannata empatia, ha ragione, lo so che ha ragione ma è più forte di me, ogni volta mi sento il peso del mondo sulle spalle e non riesco a fermarmi”.

“Dura la vita per voi empatici”, lo punzecchia lei, infastidita dall’esser stata scomodata anche oggi.

“Ricorda fino a che punto puoi spingerti, ci sono situazioni in questa vita che non puoi prendere in carico tu, non è questo il tuo ruolo. Semplicemente quella persona che si rivolge a te vorrebbe solamente essere ascoltata, capita, riconosciuta. Accetta la sua implicita richiesta, i panni degli altri non sono quelli che devi vestire tu, dico bene? I tuoi sono nel tuo armadio, e onestamente, amico mio, non mi sembrano molto comodi.”

Il suo sguardo l’ammonisce, stanco di sentirsi ripetere ogni volta la stessa storia.

“Eh per l’ennesima volta, te lo chiedo, smetti di disturbarmi e poi lamentarti perché sono tornata, chiaro?”.

Be soft, kind and loving, but also don’t take nobody’s shit

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