Sostenere una donna solo perché è donna è l’equivalente di un autogol.

Mi sono decisa a parlarne, una volta per tutte, per spiegare il mio punto di vista relativamente al supportarsi tra donne e il fare squadra. E’ uno dei punti su cui la corrente femminista fa leva da sempre per poter distruggere il patriarcato e chiaramente sono a favore.

Ciò non toglie che non sono d’accordo nel sostenere qualsiasi donna a prescindere, quante volte mi sono sentita dire la frase: “ma proprio tu parli così che fai la femminista?!” con quel sorriso di sfida; bene cari signori, adesso ascoltate quello che ho da dire perché lo farò per l’ultima volta.

Inizio il mio fiume di parole dicendo che mi trovo “costretta” a scriverlo qui sul blog perché nessuna persona, dopo avermi detto quella frase inutile, si è mai fermata ad ascoltare veramente la mia risposta. Se ne escono con questa battuta da uomo alfa, per poi chiaramente ridere e non prendere sul serio minimamente il mio tentativo di ribattere.

Questa osservazione mi è stata fatta perché mi sono espressa in disaccordo verso una ragazza e le sue opinioni, ogni essere umano ha delle idee, dei valori e in quel momento io ero completamente contro quanto lei stesse dicendo. Uno dei valori per me fondamentali è l’umiltà in tutti i campi della vita, non si è mai finito di imparare quindi non posso accettare che qualcuno parli e interagisca con altri “dall’alto” della sua sapienza, specialmente se questa sapienza non è dimostrata. Sono femminista certo, ma questo atteggiamento che tende a rimpicciolire gli altri non mi appartiene e lo combatto, non potrò mai sostenere una donna che cerca di affermarsi schiacciando le altre persone. Donne e uomini devono rispettare regole per convivere nella nostra società, rispettarsi tra loro e sostenersi.

Mi faccio molte domande sempre, per capirmi e studiare le mie reazioni, dargli un nome e capire certi malesseri da dove partono. Inizialmente mi sono ritrovata a pensare che tutta questa rabbia che sentivo nei confronti di alcune donne fosse invidia, per un attimo le ho viste forti perché urlavano e cercavano di essere “dominanti” in questa veste da attacca brighe. L’invidia è un sentimento ancora peggio di chi cerca di affermarsi con frusta e bastoni e onestamente dopo tante tante analisi su di me posso dire che proprio non mi appartiene. Il mio rifiuto verso chi non possiede alcuna forma di umiltà è dato dalla mia etica, dai miei ideali, una persona che è nel giusto e ha grandi capacità si può affermare e crescere senza schiacciare gli altri.

Femminismo non è sorellanza a tutti i costi, una donna che per farsi rispettare usa la voce alta, la cattiveria, l’indifferenza non potrà mai essere meritevole di sostegno da parte mia. Possiamo arrivare tutte in alto e raggiungere i nostri obiettivi senza bisogno di schiacciare qualcuno, questo è sostegno, tutto il resto non può far parte del mondo femminista, non può esistere femminismo senza rispetto dell’altro.

Lasciatemi dire anche un’ultima cosa, chi cerca di affermarsi usando l’attacco non è altro che un insicuro che cerca di mascherare la sua inadeguatezza, impreparazione, incapacità difendendosi in questo modo, pensando che la violenza verbale possa colmare la totale inettitudine che avverte. Tante donne specialmente nel mondo del lavoro sono così, questo grazie al patriarcato che ci insegna sempre che siamo inadatte, inferiori e incapaci rispetto ai nostri colleghi uomini; per sentirci al loro pari lavoriamo il doppio, facciamo dieci cose allo stesso tempo oppure diventiamo aggressive e cattive per difendere il “nostro territorio” da altre belve feroci che potrebbero scavalcarci.

Essere femminista e supportare le nostre sorelle significa:

  • fiducia: iniziamo a pensare che nessuna donna vuole “rubarci” il posto che con tanta fatica ci siamo guadagnate, lei lavora con noi, non contro di noi,
  • sostegno: incoraggiamo le nostre amiche, colleghe, sorelle, donne in generale, ricordandogli tutti i loro punti di forza che per tanti anni ci hanno convinto fossero DIFETTI,
  • empatia: mettiamoci nei panni dell’altro, l’attacco non è la risposta giusta anzi, allontana chi ci sta vicino,
  • collaborazione: si lavora insieme per arrivare ad un obiettivo di gruppo, “siamo state brave” perché lo abbiamo fatto insieme,
  • l’invidia è un sentimento genuino alle volte che può stimolarci a fare meglio, ma attenzione, c’è chi lo userà e lo manipolerà per stimolarci a lavorare di più, per sfruttarci, chiamandolo ambizione; quando diventa un sentimento negativo correte ai ripari,

“Proprio tu parli così che fai la femminista?!” “Sostenere una donna solo perché è donna trattandola coi guanti significherebbe assecondare lo stereotipo che hanno creato quelli come te, e ascoltami quando parlo”.

We rise by lifting others.

Vi lascio con questa immagine, e vi traduco le bellissime parole all’interno:

“E quando arrivi dove volevi arrivare guardati intorno e aiuta anche lei, c’è stato un tempo non troppo lontano in cui lei era te”

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Ordine di una famiglia ottimale.

Il procedimento è quasi sempre lo stesso, parto per la mia camminata giornaliera sotto il sole cocente di agosto e anziché svuotarmi dai pensieri, mi riempio. Ieri in particolare mi arriva questa foto da una cara amica che ben conosce il mio animo infiammabile.

Non so neanche bene da cosa partire, ogni parola in questa immagine mi rimanda a una vita così chiusa e spaventosa che mi provoca subito un groppo in gola, come mi mancasse l’aria.

Sono una persona estremamente spirituale, rispetto tutte le religioni, purchè esse stesse rispettino il valore degli esseri umani. Una religione è un sentimento che lega un uomo o un gruppo di uomini ad un credo verso un’entità spirituale, una luce, un’energia, da qui separo gli atei dai religiosi. Vado spesso in chiesa riconoscendola come luogo sacro dove posso nutrire il mio bisogno di contatto con la mia spiritualità, ma lo faccio come sempre a mio modo. Ho sentito da tempo la necessità di separarmi da alcuni aspetti della nostra religione, specialmente quelli legati alla famiglia e ai ruoli sociali imposti. Ritengo che alcuni di questi dogmi siano stati creati dagli uomini per gli uomini.

Ho già parlato in articoli precedenti di come anni e anni fa, fosse la società matriarcale a guidare, (breve esempio preso da FOCUS: gli egizi, avevano la parrucca nera per elevarsi al ruolo femminile; ma potevano indossarla solo dopo aver raggiunto un certo valore morale, la perfezione, la completezza era la donna), l’arrivo dell’impero romano ha significato molto per noi, in male. L’aspetto maschile e fisico ha avuto la meglio, e sapete come? con l’utilizzo della religione. Si avete capito bene, la religione cristiana è stata da sempre utilizzata per castigare e punire le donne troppo pretenziose, relegandole in un angolo della casa, la cucina. Vogliamo riflettere sulle streghe cattive bruciate nei roghi? Donne con intelletto superiore che venivano etichettate con questo nome streghe, utilizzando l’ignoranza del volgo base per rapirle e arderle vive. Le donne intelligenti sono da sempre pericolose. Sto parlando di mille argomenti insieme lo so eh? Non me ne vogliate, la mia intenzione è quella di parlare “facile” e raccontare come il maschio ha saputo sfruttare, interpretare e mettere a suo favore i testi religiosi tanto da stravolgere la società e relegarci in fondo, togliendoci ogni mezzo che potesse renderci libere.
Detto questo, sottolineo che nessuna religione che insegna il perdono, l’accettazione e il rispetto, potrebbe mai appoggiare un’immagine come quella sopra.


Questo spot pubblicitario della “famiglia ottimale” è un estratto di una religione simile alla nostra, o quanto meno con radici uguali alla nostra. Cosa vuole trasmetterci?

Partiamo con ordine, ovviamente dal numero uno indiscusso: il Marito che con le sue braccia sovrasta sopra alla famiglia, Lui è chi DIRIGE e PROVVEDE. Subito SOTTO in posizione di subordinazione abbiamo la MOGLIE, accompagnata dai verbi docili e mansueti per una donna ben addomestica, lei CONFORTA, EDUCA, INSEGNA e, il peggiore di tutti: SI PRENDE CURA (della casa, dei figli, del marito), i figli per ultimi che devono amare e obbedire.

In questa vita basic che la religione vorrebbe farci indossare, abbiamo un marito che provvede al mantenimento familiare e quindi, portando i soldi a casa, ha il pieno diritto di comandare, gestire e pretendere dalla moglie e figli. La moglie invece, sarebbe meglio fosse poco istruita (così da non avere strane idee in testa), meglio non lavori perché cosa se ne fa lei dei soldi se già ci pensa il marito? Una donna con indipendenza economica è un pericolo, meglio sia subordinata e totalmente dipendente dal suo padrone di casa. In tutto questo bel quadretto abbiamo i figli, che vedendo questo modello, potranno crescere nel modo ottimale.

A fronte di questo ripeto: nessuna religione che parli di perdono, accettazione, rispetto può volere questo. Testi risalenti a 2020 anni fa vanno sicuramente sviluppati e adattati alla nostra realtà contemporanea, perché se prendiamo per buono tutto quello che ci dicevano gli apostoli, sarebbe bene, cari i miei uomini alfa di nostro Signore, che smetteste di bestemmiare se vostra moglie vi ha preparato la pasta col pomodoro invece delle lasagne.

Ecco dove voglio arrivare, da ormai 6 anni seguo e faccio volontariato presso enti anti violenza, per poterlo fare ho seguito corsi lunghi e faticosi, anzi direi dolorosi per la precisione. Questa gabbia dorata che gli uomini si sono cuciti addosso è spesso il covo ideale per la violenza domestica. Ruoli così marcati, definiti e subordinati provocano situazioni di violenza e silenzi continui. Sono tanti gli uomini che appena hanno figli pretendono che la moglie resti a casa ad accudire la prole, creando così questo legame di dipendenza tossica e controllo su tutto, controllo economico, fisico e mentale, poi la domenica mattina in prima fila nella chiesa del paese per ascoltare quella bella lettera agli efesini. L’uomo si sente potente, padrone di tutto anche degli esseri umani con cui vive.

Attenzione però, non sto dicendo che la religione cattolica sia la fonte della violenza di genere, ci mancherebbe, il male legato a queste scelte di vita va ben oltre e non è questo il momento per analizzarlo. Volevo solo far notare come situazioni così agli antipodi siano ben ancorate alla nostra società italiana, la bella facciata della domenica religiosa e una famiglia composta da un Capo Branco Padrone e i suoi subordinati.

Quando penso al “family day” ecco cosa mi viene in mente. I bambini, la moglie e il cane non stanno sorridendo, sono imbavagliati.

Ma è mai possibile che ci siano persone che difendono i diritti di queste famiglie rispetto alle cosiddette “famiglie arcobaleno 🌈 ”? C’è chi difende queste realtà dove i bambini vivono quotidianamente sofferenze di una mamma che piange di nascosto, mentre il papà beve o gioca alle macchinette del bar, piuttosto che incoraggiare l’amore tra persone delle stesso sesso serene. Una vita familiare così medioevale può solo portare alla vincita del nostro lato oscuro, l’insofferenza totale verso chi ci sta intorno.

Possiamo essere religiosi, tutti sul podio, tutti al primo posto, è questo che qualsiasi entità benevola vorrebbe insegnarci. Siamo tutti uguali.

“Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”, diceva, e da qui vorrei si potesse ripartire.

Chiaramente questo articolo esula dalla scelta delle donne di non andare al lavoro o di non trovarlo, di non averne bisogno o di non averne la possibilità, non traiamo le conclusioni sbagliate, quello che voglio fare emergere è che la donna dovrebbe non lavorare sulla base di questi testi religiosi per non sentire il bisogno di agghindarsi, uscire di casa o distrarsi dal suo ruolo principale: PRENDERSI CURA DI.. tutto tranne di lei.

Fedy_On_The_Blog – anche oggi temi leggeri come il pranzo di Natale 🎄

Come posso disinserire la funzione multitasking dal mio sistema operativo?

Ho avuto il piacere di leggere un articolo di una donna estremamente caparbia, una comica con un intelletto sopraffino, lei si chiama Michela Giraud e sul numero di Vanity Fair di questa settimana parla di come sia importante essere donne MONOTASKING. Il suo savoir-faire ci insegna come dire no smettendo di pretendere da noi cose che non pretendiamo dagli altri.

Ho divorato il suo pezzo, riflettendo poi su come mai io mi sia sempre trovata a vivere con questa funzione attiva, in effetti nessuno mi ha chiesto esplicitamente di essere multitasking, ma perchè l’ho sempre fatto?

Mi sono sempre sentita in dovere di farlo in quanto donna, per poter valere almeno quanto un uomo, nella mia mente sono stata inferiore per molto tempo, svolgere 10 funzioni insieme mi aiutava a valutarmi quasi come gli altri. Mi faceva sentire una donna meno inutile, una donna desiderabile perché più adempiente, più utile e necessaria in campo lavorativo perché ero una sola ma lavoravo per tre. Volevo sentirmi riconosciuta, “brava”, una donna che sa fare.

Da me pretendevo una cosa sola, essere impeccabile: in forma, bella, ordinata, capello liscio, trucco, pulita, profumata, pelle morbida e idrata da curare con prodotti giusti (costo minimo un rene cad.), sorriso giusto, vestiti sempre nuovi ogni giorno (mai mettersi la stessa cosa due volte di fila). Una perfetta donna di casa che tiene pulito, in ordine, tutto stirato (anche gli asciugamani), acquistati numero due i-robot per la pulizia costante del piano sotto e sopra, vetri splendenti e “home sweet home” appeso ovunque. Non poteva essere diverso sul lavoro, il telefono ovviamente era mio, quindi si risponde al centralino, si smistano le mail, si apre al corriere, si firma la raccomandata, si fa accoglienza e nel mentre dovevo anche fare il mio lavoro, ma la pipì quando? Ah si il tutto coronato dai miei attacchi di panico. (vedi ultimo articolo: https://fedyontheblog.com/2020/07/29/presa-dal-panico/)

Cosa ci ha portato a vivere così? voglio dire, perché ci è sempre sembrato normale vivere indossando gli abiti da: donna, mamma, moglie, fidanzata, amante, crocerossina, lavoratrice, psicologa, badante, donna delle pulizie, infermiera, cuoca, modella di intimissimi e al bisogno “inserisca qui il gettone per una notte di sesso”?

Io mi sono fatta tante volte questa domanda, immagino che l’ambiente in cui siamo nate, la cultura e il folklore locale a cui siamo state esposte, ci abbiano infettato a tal punto da crescere con questo file installato. I media che ci bombardano con queste donne da copertina che oltre ad essere bellissime e leggiadre anche dopo 24 ore di travaglio, riescono a fare le lasagne e mettersi il perizoma con una mano ingessata. Gli uomini che per anni, anzi secoli, hanno saputo tramandarsi il comportamento giusto per tenerci docili e mansuete pronte ad ogni loro bisogno, pretendendo da noi molte più fatiche perché sulla carta erano loro ad andare al lavoro ogni giorno. Nei vari libri e saggi letti pare che questa caratteristica femminile derivi dalla preistoria, gli uomini erano dediti alla caccia soltanto, data come attività molto pericolosa e stressante, mentre le donne “a casa” dovevano occuparsi di tutto il resto. In questo modo i nostri cervelli si sono evoluti in maniera differente, noi multitasking..loro no. Beh, non direi consolante.

Quello che ai miei occhi risulta molto chiaro è che negli anni le donne non hanno mai potuto dire no, se qualche temeraria si azzardava, erano botte e tanto altro. Credo quindi che l’attività multitasking sia stata una sorta di “evoluzione” femminile per prevenire la violenza dell’uomo alfa, il quale sapeva come convincere la “sua amata” a non lamentarsi troppo, era meglio quindi farsi trovare sempre impeccabili per non rischiare di farlo arrabbiare.

Oggettivamente, quante richieste ci vengono fatte al giorno? Quante volte diciamo no? Ho collegato da poco i miei attacchi di panico alla vita “impeccabile” che mi ero imposta da sola di avere, la nuova prospettiva è parte integrante del mio sentirmi meglio. Non è facile, ci sono giorni in cui scelgo di fare “solo la mamma” e mi sento in colpa, come se fossi venuta meno ad uno dei miei compiti primari.

La mia domanda non ha ancora trovato la risposta che cerco.. essere multitasking è veramente una virtù? o è piuttosto una forma di autodifesa messa in atto dalla notte dei tempi verso quel mondo che ci fa sentire sempre “non abbastanza”? E soprattutto.. come si fa a disinstallare dal nostro cervello questo file medioevale?

Vi lascio il link di un libro eccezionale, da leggere, con la prefazione di una delle “mie donne” preferite: Michela Murgia.

https://www.amazon.it/s?k=bastava+chiedere&adgrpid=79869496715&gclid=Cj0KCQjwgo_5BRDuARIsADDEntSs3N_KKTKIDh9phCoHUlMC9LNmfpO4xERdyUoXb_vF1Nu5meey6hsaAqTsEALw_wcB&hvadid=387750654854&hvdev=c&hvlocphy=20570&hvnetw=g&hvqmt=e&hvrand=7143885204944499318&hvtargid=kwd-852270846184&hydadcr=18636_1822916&tag=slhyin-21&ref=pd_sl_93eqb0b2c5_e

Buona lettura e buona riflessione a tutte noi, che ogni giorno usiamo i nostri poteri magici per adempiere a tutti i vari ruoli assegnatici.

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Devi imparare a stare zitta.

“Come faremo se non ci fossero le nostre donne in questo mondo? Le donne sono forti, importanti, guidano le famiglie, crescono figli, curano la casa, amano un marito”.. che ansia. L’importante è che la donna sappia bene qual è il suo posto, al centro lui, il solo e unico marito con intorno la meravigliosa cornice.. sua moglie, la regina del focolare domestico, per lei poesie e parole d’amore senza fine, l’importante cara mogliettina è che tu sappia stare sempre un passo indietro e soprattutto che impari a stare zitta.

Siamo nel 2020 ed esiste ancora una generazione che non tollera il fatto che una donna possa anche solo alzare la mano per esprimersi, figuriamoci se si permettesse di rispondere a tono quando istigata da un un interlocutore maschile. In quel caso sguardo vitreo che dice: “ma come ti permetti di rispondermi male?”.

Noi donne siamo tenute ad azionare sempre la modalità “polite” ovvero diplomazia e dolcezza, qualsiasi altra forma verrebbe considerata una sorta di acidità, anomalia ormonale, incapacità di gestione delle emozioni, impulsività, immaturità, fragilità di sentimenti al grido di “oggi è acida, avrà il ciclo”, oppure ancora peggio: “Secondo me ha bisogno di vitamina C” e non intendo quella che si vende in farmacia, come se un rapporto sessuale con un uomo potesse ripagarmi di anni in silenzio a non rispondere perché sono nata donna e non mi è concesso avere opinioni.

In realtà ho il ciclo proprio ora che sto scrivendo, lo dico ai più temerari così da togliere ogni dubbio, ma vi assicuro non da sbalzi ormonali. Sapete cos’è che crea sbalzi d’umore alle donne? Lavorare il doppio per essere pagate quasi come un uomo ad esempio, fare la casalinga e la mamma di fronte a qualcuno che ti dice: “bello stare a casa a fare un cazzo vero?”, e ancora: lavorare otto ore al giorno poi arrivare a casa e anziché coricarmi sul divano in attesa della cena, dover fare lavatrici, stirare, fare le pulizie perché sono ruoli “nostri”, far parte del gruppo whatsapp della classe del figlio con compiti, catechismo, calcio, compleanni. Banali esempi ma.. siamo sicuri che sia il ciclo il problema?

La domanda “hai il ciclo?” posta come forme d’istigazione in risposta ad una nostra presa di posizione è da anni e anni che esiste, ci tengo a dirlo perché è bene mettere in chiaro come venivano trattare le donne in passato, e perché esiste ancora una generazione che ragiona come se fossimo ai primi del ‘900, tramandando questa mentalità chiusa da padre in figlio.

Infatti è proprio in quel periodo che vorrei soffermarmi un attimo, ai tempi i vari “medici” ritenevano le donne soggetti inferiori sia a livello cerebrale che a livello fisico, soprattutto perché sanguinanti ogni mese come se avessimo una sorta di disturbo cronico con ripercussioni anche a livello mentale, tanto da “renderci matte in quei giorni”. A partire dalla prima guerra mondiale ci fu un aumento esponenziale dei manicomi in cui venivano internate per lo più donne. Negli archivi delle loro cartelle cliniche viene quasi sempre riportata la seguente frase: “facile irritabilità, rifiuta di sottostare ai volevi del marito o della suocera, incline agli insulti, incapace di gestire la prole, rifiuto di adempiere ai compiti coniugali”. Nel periodo poi dei fasci il numero di donne fu triplicato, in troppe si rifiutarono di fare da incubatrici per la produzione in massa di figli di razza pura.

Analizziamo la situazione? Nel 1900 e dintorni, una donna di circa 30 ha già come minimo 7/8 figli, (io ho rischiato di impazzire partorendone una) mettiamoci dentro anche qualche aborto spontaneo perché l’ostetricia non era ancora ai massimi livelli. In aggiunta deve curare la casa, i figli, avere rapporti sessuali a comando in base alle esigenze del marito padrone, non può esprimere nessun genere di idea, il più delle volte picchiata perché nella normalità di una famiglia italiana media cristiana e sicuramente viveva con la suocera. Se tutto questo roseo mondo non le piaceva ecco che il ribellarsi destava subito sospetti, si chiamava il medico et voilà internata in manicomio perché irosa, con squilibri, curata se andava bene con 10 elettroshock al mese o coma farmacologici indotti (tutto questo documentato su libri es. Malacarne, donne e manicomio nell’Italia fascista, di Annacarla Valeriano).

Credo questo breve excursus sia sufficiente per capire che la battuta sugli sbalzi di umore e ciclo sia lievemente inadeguata. Avere un’opinione e rispondere a tono a provocazioni o frasi infelici non è sinonimo di acidità femminile, o donna con la lingua lunga, significa essere umano al pari degli altri che difende le proprie posizioni senza entrare nel merito del sesso di appartenenza. Non lasciatevi mai zittire da nessuno, se qualcuno vi sta ordinando di stare zitte c’è un problema.

Spero vivamente che la generazione di cui tanto parlo sia verso la fine, si tratta di uomini chiusi mentalmente che hanno vissuto in famiglie patriarcali in minuscoli paesi con livelli bassi di istruzione, ma che purtroppo si sono sparsi a macchia d’olio, infettando i figli che ai giorni nostri ancora vivono e ragionano in questa modo vergognoso. Spero anche che gli esseri umani stiano facendo in mondo che i bambini crescano senza stereotipi, liberi di parlare e di esprimersi.

Voglio che le orecchie di mia figlia non sentano mai le parole: “devi imparare a stare zitta”, perché amore mio, la libertà è un tuo diritto fondamentale.

Facciamo un passo avanti verso un’evoluzione cerebrale, la mente chiusa è la peggior prigione in cui vivere.

Questo articolo è per tutte quelle donne che negli anni del fascismo hanno perso la vita rinchiuse nei manicomi a causa della loro ribellione verso una vita di dominio maschile, io sarei stata la prima delle rinchiuse.

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La molestia verbale.

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E’ questa immagine che mi ha dato l’idea per l’articolo che sto scrivendo. Per chi ne avesse bisogno ecco la traduzione: “Sono uno scrittore, qualsiasi cosa tu dica o faccia potrebbe essere usata in una storia”.

Oggi vi racconterò la storia di una ragazza che ha deciso di vendere vestiti e scarpe tramite siti atti a questo on line e scoprì com’è facile subire la molestia verbale da parte di soggetti esterni. La favoletta sarà scritta in prima persona perchè la ragazza in questione sono io.

Nelle ultime due settimane ho avuto modo di fare il tanto temuto cambio dell’armadio, mi sono messa d’impegno decidendo di mettere da parte tutti quei vestiti, borse, scarpe accessori che non metto più. Sono per lo più vestiti nuovi che ho messo forse un paio di volte, sono una vittima degli acquisti compulsivi e non sono mai riuscita a frenarmi. Dopo una gravidanza che mi ha portato ad aumentare di una taglia, ho moltissimi capi da eliminare, questo perchè non ho nessuna voglia di mettermi a dieta o perseguire modelli di fisici stabiliti da non so bene chi.

Messi da parte tutti i capi incriminati ho iniziato a caricare immagini a tappeto su vari siti (non farò nomi). La situazione che mi si è presentata è stata a dir poco imbarazzante, ma non per me.. per chi mi ha scritto. Ho ricevuto circa una ventina di contatti 5 donne e 15 uomini. Alcuni dialoghi, i meno volgari, li pubblicherò sotto, come testimonianza. Esempio di chat relativa a scarpe col tacco: “Ciao vorrei comprare le scarpe per la mia ragazza, sono ancora disponibili?” – “si,certo” – “avrei bisogno di vederle indossate puoi metterle e farmi un video?” – “no mi spiace, non mando foto o video dei miei piedi con le scarpe” – “ok ma per 50 euro che chiedi potresti anche fare una foto dove si vedono le tue caviglie” – “scusa mi stai chiedendo delle foto dei miei piedi in cambio dell’acquisto (probabile)?”. Questo è uno dei tanti, un altro invece per un abito taglia 44: “Mi diresti le tue misure per capire se possono andar bene per la mia ragazza?” – “io ora sono una taglia 46 quindi le mie misure non fanno fede” – “sarai molto formosa quindi? curve e un bel seno?”

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Vorrei farvi notare il terzo screenshot dove lui mi scrive: “era solo per parlare, da li a pensar male ce ne vuole”, certo perchè sicuramente chiedermi se sono mora e se facevo la modella sono frasi utili per l’acquisto di un vestito da 20 euro, ma come potete vedere ha cercato di dare la colpa a me, cioè ho frainteso i suoi messaggi.

Si definisce cat calling o violenza verbale quelli frasi o esclamazioni urlate e lanciate per strada al passaggio di una ragazza, (vi dico solo che un personaggio come Macron lo ho dichiarato reato, per noi in Italia sono ancora considerati complimenti), fanno parte di questo anche tutti i vari richiami e “complimenti” fatti tramite i social.

Durante una delle mie mille stories fatte su instagram ho raccontato di questo fatto, spiegando come per un semplice vestito o scarpa un uomo si senta autorizzato a “fare il porco” e non ho intenzione di utilizzare altri eufemismi. Mi è dispiaciuto molto leggere una reazione di una ragazza che, dopo aver visto i miei video, mi risponde dicendo: “pensi di essere figa solo tu perchè ti scrivono questi?”.  Questa ragazza non ha pensato troppo al fatto che i messaggi di questi schifosi potessero urtarmi, ma lo ha letto un pò come un lamento del tipo: “oddio mi cercano tutti perchè sono troppo figa”. Come facciamo a lottare contro quelli che dicono: “si ma se l’è cercata guarda come si veste”, se poi per una cosa così puntiamo subito il dito contro una nostra simile?

Ho parlato spesso di solidarietà femminile, di empatia, di supporto, di sostegno tra donne come unico modo per battere il patriarcato e rimetterci sullo stesso piano dei nostri colleghi uomini, ma com’è possibile vincere una guerra se le nostre alleate sono le prime a vederci come nemiche? La cosa che mi ha spiazzato ancora di più è che per un attimo mi sono sentita sbagliata io, come se in effetti avessi messo in vendita vestiti o scarpe “poco raccomandabili” e che ovviamente un maschio incappato nelle mie foto sia caduto nella trappola, questo perchè sto vivendo anch’io una lotta internamente dove sto cercando di scacciare via quello che la società ha voluto inculcarmi.

Concludo la favoletta del lunedì dicendo che ho segnalato i vari utenti al sito, ma mi è stato risposto che non hanno utilizzato termini inappropriati o non sono andati contro le politiche di compra vendita del sito.

Non possiamo cercare una società che ci rispetti come individui se le prime a non ascoltarci e sostenerci siamo noi. Donne per le donne.

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