Geometria applicata.

Resto stranita da come le persone estranee alla mia condizione trovino interessante il bipolarismo, come incuriositi, affascinati, da quello che potrebbe essere la scoperta di una persona diversa ogni giorno.

“Chi si è svegliato con te stamattina?”, me lo chiedo ogni giorno. Intimorita le prime volte, oggi meno, le personalità, gli umori, il mood, chiamiamoli come preferite, ad oggi sono sempre quelli, piuttosto ciclici, ho imparato a suddividerli per macro aree, i cinque postulati di Euclide mi hanno aiutato molto, la geometria applicata non mi è mai stata così utile come oggi, sono punti e sono rette, traccia la linea Fede.

Vi svelo alcuni punti fondamentali da tenere a mente per chi si interfaccia con noi.

La vita dei bipolari è fatta di imprevisti, ecco perché è sempre bene ridurre tutto alla geometria, tracciando linee tra i punti, per capire a quando il prossimo incontro con la personalità della distruzione, fondamentale è giocare d’anticipo, dopo un dato periodo tornerà.

Il bipolare dovrebbe cercare di condurre una vita noiosa, statica, quotidianamente boriosa, per ridurre al minimo le incidenze sulla sua sfera mentale, un imprevisto non calcolato potrebbe anticipare la “maggese” e distruggere il raccolto di un interno anno, lasciandolo senza nulla di cui campare.

Il bipolare però ama auto sabotarsi, perchè la vita noiosa lo devasta; nelle giornate in cui l’adrenalina non gli da pace, eccolo addentrarsi in strade e percorsi pericolosi, dove il sentiero si stringe e il burrone è pronto ad inghiottirlo. Il nostro amico bipo, camminando sulla cresta della montagna si troverà a dover prendere una decisione importante, in base a come si sarà svegliato potrebbe fare una clamorosa retromarcia, rischiando più volte di cadere nel baratro, oppure vestire in panni di un highlander, un superuomo che nemmeno Nietzsche&Co potrebbero permettersi di giudicare, correndo senza freni per quella piccola stradina di montagna arrivando alla cima.

Che poi in cima per quale motivo ci sei finito amico mio bipolare? La verità? Non ve la sa dire, credetemi. Voleva spostarsi dalla sua zona comfort per un capriccio dettato dalla personalità in auge in quel momento, mentre percorreva il sentiero però, l’amico bipo ha cambiato circa 10 personalità (numero indicativo), ed ecco che la persona partita non è la stessa che è arrivata.

Trovate davvero così interessante la sfera emotiva di una persona bipolare? Avete mai provato a chiederle, potendo scegliere, quale delle tante personalità vorrebbe mantenere statica nella vita? Posso rispondervi io, l’apatia, la non emozione, la non emotività, la totale mancanza di movimento chimico nei meandri nascosti del proprio cervello.

Morta praticamente? A livello emotivo, si.

Quando si avvicina il dark side, la notte digrigna i denti, le tempie pulsano per giorni interi, divorandolo dentro. Gli occhi catatonici potrebbero trarre in inganno, mostrando una persona spenta e anaffettiva, tutto frutto di una mente che sta elaborando i pensieri più subdoli e traditori. Le unghie sono quasi sempre divorate o ridotte all’osso, la bocca è serrata e inespressiva, stomaco contorto e schiena ricurva. Potrebbe stare ore seduto sulla poltrona fissando una tv spenta che ha dimenticato di accendere, ascoltare in loop una canzone senza sentirne una nota, sentire il dolore squartarsi dentro, mentre fa la spesa al supermercato o canta una ninna nanna. Parla serenamente, vive giornate normali, beve il caffè, saluta il cane, ma solamente nella sua totale solitudine lascerà avvolgersi dal mantello nero. I bipolari sono premi oscar, in grado di recitare per una vita, solo pochi fortunati possono davvero conoscerli nudi dalle vesti che indossano.

Ne conoscete qualcuno? Nel profondo? Che condivide con voi il bianco ed il nero? Se la risposta è si, lasciate che mi complimenti, chi soffre di questo disturbo studia bene le persone che possono avvicinarsi oltre i limiti, privi di ogni protezione potrebbero polverizzarsi di fronte al minimo raggio di sole, siete persone importanti, li fate sentire liberi, dallo status sociale che si sono cuciti addosso, grazie.

Back in Black

Potrebbe esserci il sole con la pioggia e viceversa, la loro mente è un posto così vasto che non basterebbe una vita per percorrerla tutta, seguite i punti, la retta si traccia man mano.

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Be soft, kind and loving, but also don’t take nobody’s shit – Dura la vita per gli empatici.

Lo so, lo so, il titolo in inglese non sa da fare, ma esiste un modo più immediato per spiegare a voi empatici che non dovete poggiare sulle vostre spalle il peso delle vite altrui?

Oggi amico voglio dedicarmi alla tua mission impossible, questa volta mettiti comodo, sarò io a fare il lavoro sporco per te.

L’empatia è quella brutta bestia che riesce a catapultarti nei panni degli altri per poter vivere in maniera atavica, passami il termine, i dolori e le sofferenze di chi hai vicino e si racconta.

Invidi quelle persone che dopo un lungo racconto strappalacrime, danno una bella pacca sulla spalla e dicono: “Forza, vedrai che passerà anche questa”, vero?

Tu, amico mio, paladino incompreso che vesti da soccorritore, tu, che lasci tutte quelle sofferenze divorarti lentamente mentre la giornata volge al termine.

Il tuo sguardo, affranto, che ascolta in rigoroso silenzio notifica già quel senso di colpa, perché non ti senti all’altezza, non senti di soffrire abbastanza. Ad ogni parola del racconto, si infiamma nelle viscere più profonde quell’impotenza che ti distingue sempre; ad un certo punto ti accorgi che non stai nemmeno ascoltando chi ti è vicino, no, sei troppo concentrato a capire come poter aiutare a risollevare gli animi, risolvere il problema, alleviare il dolore, perché si dai ammettilo, per sentirti meglio vorresti soffrire tu al posto degli altri.

Come dici? Ci sono momenti in cui vorresti inserirti all’interno della storia? Per far cosa? Cambiare il susseguirsi degli eventi? Tornare indietro nel tempo? Sei un impotente lo vuoi capire?? Fallo finire subito! Non puoi ascoltare altro dolore, fermalo subito prima che ti mangi tutto,

Troppo tardi amico mio, eccola tornare da te.

“Empatia, da tempo non venivi a farmi visita”, sbotti appena la senti atterrare nel mezzo del tuo petto.

“Ciao, mio povero amico sofferente, anche questa volta mi hai disturbata”, ribatte lei.

“Io? sei tu che ogni volta arrivi a procurarmi questi fastidi. Anche questa volta mi toccherà rimuginare, pensare a questo grande dolore e non riuscire a liberarmene fino al prossimo incontro con uno nuovo”, si difende l’amico.

“Ti sbagli, mio ingenuo nobile cuore, io non entro in funzione da sola, sei sempre e solo tu che decidi di coinvolgermi. Da quanti anni ormai investi soldi e tempo su te stesso per cercare di migliorare questo tuo lato debole? Quante volte ti hanno spiegato che comprensione e ascolto sono una cosa mentre METTERSI NEI PANNI DEGLI ALTRI è tutt’altra?”.

L’amico scrolla le spalle, lasciando cadere la testa all’indietro; “Dannata empatia, ha ragione, lo so che ha ragione ma è più forte di me, ogni volta mi sento il peso del mondo sulle spalle e non riesco a fermarmi”.

“Dura la vita per voi empatici”, lo punzecchia lei, infastidita dall’esser stata scomodata anche oggi.

“Ricorda fino a che punto puoi spingerti, ci sono situazioni in questa vita che non puoi prendere in carico tu, non è questo il tuo ruolo. Semplicemente quella persona che si rivolge a te vorrebbe solamente essere ascoltata, capita, riconosciuta. Accetta la sua implicita richiesta, i panni degli altri non sono quelli che devi vestire tu, dico bene? I tuoi sono nel tuo armadio, e onestamente, amico mio, non mi sembrano molto comodi.”

Il suo sguardo l’ammonisce, stanco di sentirsi ripetere ogni volta la stessa storia.

“Eh per l’ennesima volta, te lo chiedo, smetti di disturbarmi e poi lamentarti perché sono tornata, chiaro?”.

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Il sassolino nella scarpa.

C’è qualcosa che ci spinge ad andare oltre i limiti imposti, qualcosa che ci porta fuori dal perimetro di comfort per avere la tanto agognata risposta, per noi e per tutti quelli che stanno cercando una speranza a cui appigliarsi.

Cosa succede se funziona? Cosa succede se ci riusciamo? Beh, se siamo fortunati veniamo solamente ignorati. Invece se facciamo parte di quella percentuale scomoda allora sono cazzi.

Sono cazzi perché siamo come la spina nel fianco, come quel sassolino nella scarpa che continuamente ci punzecchia il tallone, invano si cerca di toglierlo usando il dito o un qualsiasi strumento di fortuna, ma il sasso è ancora li che punge.

Ecco credo che un po’ a tutti nella vita sia capitato di essere quel sassolino, scomodo, appuntito, piccolo ma sempre presente. Le strade a mio avviso sono due, la prima, la più tranquilla e sicura; cercare di infilarsi in quel bordo tra suola e tomaia, rendersi il più invisibile e innocuo possibile, forse durante qualche movimento improvviso ci si potrà sentire ancora, ma col tempo e coi movimenti continui, i nostri angoli si andranno via via ad usurare, fino a diventare rotondi e sempre più piccini, certo saremo sempre li, ma la nostra presenza sarà finalmente messa in un angolo, ignorata, conformata all’uso della scarpa.

La seconda strada ahimè è la peggiore che si possa scegliere, quella più coraggiosa si, ma anche pericolosa, da sassolini appuntiti quali siamo, continuiamo il nostro processo di vita, muovendoci all’interno della scarpa, punzecchiando il proprietario in ogni modo possibile, tanto da rendergli via via ogni movimento sempre più complicato. Star fermi e nascondersi? Mai e poi mai, siamo li per un motivo preciso, cambiare il senso delle cose, farci sentire, farci notare, specialmente da chi vuol continuare a far finta che la nostra presenza non esista.

A quel punto arriva l’inesorabile resa dei conti, si perché in quanto sassolini siamo piccoli, molto molto piccoli, e un sassolino da solo cosa può fare di fronte al grande gigante che porta quelle scarpe in cui abbiamo scelto di metterci?

Farà quanto gli è possibile per continuare la sua strada ignorandoci, ma siamo stati così bravi e decisi che gli è impossibile, ha provato con un dito, ha smosso la calza, ma niente noi ci siamo ancora; impaziente e nevrotico è costretto a fermarsi a causa nostra.

Si leva la scarpa frenetico per cercarci “maledetto sassolino che mi hai bloccato, adesso ti faccio vedere io chi comanda in questo mondo, IO comando, IO che sono GRANDE”. E così, dopo averci trovato e preso tra le dita, ci lancia, lontano, molto lontano, fino a renderci innocui.

La sapevate anche voi la storiella di questo sassolino? Pensare la conosco da sempre, oggi con le stesse parole elementari che ho scelto per scriverla l’ho raccontata alla mia bambina, semplice così, chiara.

Contro il sistema non si vince, ma quei sassolini fanno sempre un gran rumore, sta a noi ascoltarli.

Grazie sassolino.

Cerca di capire.

Continuo il mio attacco verso gli stereotipi di genere, oggi in particolare vorrei cercare di dissociare dalle nostre menti la formula algebrica tale per cui DONNA=MISERICORDIA x COMPRENSIONE INCONDIZIONATA.

Ho perso il conto delle volte in cui mi è stato chiesto di CAPIRE, beh lasciatemi dire che ho una novità, la risposta è NO, non cercherò più di capire nessuno, fintanto che qualcuno non farà lo stesso con me.

Quale sarà mai il significato nascosto tra le righe quando qualcuno ci chiede di CAPIRE? Il non detto in questa frase è la richiesta di farsi da parte, accantonare le proprie idee, i propri principi per evitare litigi, incomprensioni; non solo, aggiungerei anche: mettersi da parte significa lasciare spazio a qualcuno che non siamo noi. Tutto questo fatto nel nome del quieto vivere, della pace, della non rivoluzione. Accettazione, comprensione e misericordia: LA DONNA.

Lo stereotipo della donna comprensiva, benevola, amorevole, ragionevole, tranne in quel periodo del mese in cui, causa turbinii ormonali, diventiamo delle bestie di satana. Questa è la nostra veste che ci è stata cucita addosso.

Le donne devo cercare di capire, perdonare il primo insulto, il primo schiaffo, la prima violenza verbale, fisica, economica, psicologica che sia.

“Cerca di capire, è stanco, stressato sul lavoro” – “La situazione è snervante, manca il lavoro, bisogna capirlo” – “cerca di capire che non era sua intenzione, è stato un raptus di rabbia”.

Sapete chi pronuncia frasi di questo genere il più delle volte? Le forze dell’ordine che vengono coinvolte dalla donna che sta subendo violenza domestica, le persone esterne che non vogliono mostrare crepe nella famiglia, cercando di riappacificare i due coniugi. Preciso: non lo dico io, lo dicono tutti i dati raccolti dai centri anti violenza. E’ sufficiente anche leggere o ascoltare qualche fatto di cronaca per capire che la maggior parte dei femminicidi ha sempre una denuncia o una tentata da parte della vittima che, come sempre, non è stata presa sul serio come doveva.

In generale, è tempo che ognuna di noi smetta di cercare di capire, io personalmente vorrei togliere negli altri questa aspettativa nei miei confronti, togliermi soprattutto di dosso lo sguardo perentorio di chi mi sta chiedendo di farlo, facendomi sentire sbagliata perché questa volta ho detto no.

Troppe volte ci è stato chiesto di capire, mandando giù l’ennesima fatica per non rompere degli schemi, per fare da collante, per addolcire la pillola. Siamo qui per perdonare, compiacere o assecondare solo le nostre emozioni, solo noi. Non ci deve venir più chiesto di farlo in favore di qualcun altro, in nome di uno stereotipo che ha spento tante donne costringendole al silenzio in un angolo buio di una casa.

Rompiamo gli schemi, ascoltiamo la fiamma che ci brucia dentro.

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In modalità off line.

Stai facendo un milione di cose e parte quella canzone, l’avrai sentita mille volte ma oggi, per la prima volta, ti fermi e la ascolti veramente. Il tuo sguardo è fisso, sei completamente rapita e sorda verso il resto del mondo, nero. Qualcosa ti annebbia la vista, sono lacrime? Ma stai piangendo? quale sarebbe il motivo?

Non so perché sto piangendo, questa canzone mi ha risvegliato una tristezza dentro che non ricordavo, sono qui ferma ancora con lo sguardo fisso, dov’è il tasto? Non voglio più sentirla, cosa succede oggi? Ecco guardo il calendario, ricordo.. siamo quasi a fine settembre, il mese del mio TILT dove non ho alcuna padronanza sulla gestione delle mie emozioni, ho provato tante volte e ho lasciato perdere. Sei tornato anche quest’anno a farmi visita vedo..

Si sono passato anche quest’anno, ma dai ormai siamo amici e sai che non resterò qui a lungo, come la tua canzone che presto finirà perché niente dura in eterno. Devi solo lasciare che venga suonata anche l’ultima nota, interromperla a metà non è una buona idea poi troverebbe comunque il modo di ripartire nel momento meno appropriato. Lasciala finire.. anzi, se serve, riascoltala, poi quando sarà finita, tornerà tutto come prima.

Benvenuto autunno! Eccomi adesso riprendo la gestione della mia tastiera dopo aver lasciato che le mie due personalità dominanti scrivessero il loro saggio breve. E’ arrivato l’autunno e con lui la mia apatia. Sono un animo malinconico, mi piace questa stagione con i primi freddi, i ritmi lenti, le giornate accorciate e il buio. Il mio essere trova finalmente la pace durante questo periodo dell’anno, nonostante la mia solarità e socialità, amo il silenzio delle foglie che cadono.

Dopo 37 anni in compagnia delle stagioni, riconosco di essere solare e positiva durante i mesi caldi, influenzata dal buon umore esterno, ma qualcosa dentro di me aspetta con ansia di potersi lasciare andare durante i mesi invernali. Ho finito anche quest’anno, posso andare in letargo.

Perché se le stagioni calde mi rasserenano aspetto il grigio? Credo di avere almeno un lato di luce e uno di ombra, che ciclicamente hanno bisogno di essere nutriti e ricaricati come un qualsiasi organo vitale del mio organismo. La mia ombra in questo momento ha fame, la sua richiesta, specialmente nei giorni di pioggia, è quella di stare seduta sul pavimento freddo, davanti alla porta finestra della sala, guardare fuori, lenta, ferma, in modalità off-line.

La sensazione è quella di essere all’interno di una bolla, dove non riesco ad essere raggiunta dal mondo esterno, come un cellulare con la connessione dati staccata, wifi spenta, modalità aereo, è acceso si ma solo per emergenze. Avverto una sorta di distaccamento dal bianco dell’estate che sta piano piano lasciando il posto alle ondate del mio nero, ondate pericolose che alle volte mi prendono la gola.

Quando il nero ha la meglio è difficile trovare la quantità di luce sufficiente per non perdermi, ma ecco che da un anno a questa parte ho scelto di creare una FIAMMA viva e luminosa per riportarmi sempre nel punto in cui sono partita illuminandomi la strada verso casa.

Il mio bipolarismo è speciale, perché se non fossi qui a raccontarvelo neanche lo notereste, ho imparato a viverci insieme sapendo che, come la canzone di oggi, ha un inizio ma anche una fine certa.

Piccola postilla per tutti, quando attivo la modalità off line ricordate che non sempre le doppie spunte diventeranno blu.

Fedy_ in modalità_Off_Line.