“Smetti di piangere come le femminucce”

Ero nel reparto neonati con la mia bambina in braccio, stavo cercando un bel vestitino rosso da mettere a Natale, dalla corsia davanti sento un papà dire al figlio: “Andrea smettila di piangere non sei una femminuccia!”, Andrea continua a piangere e il papà: “Non ti vergogni? sono le bambine che piangono, tu sei una bambina? smettila dai”. Non sono riuscita a tacere, sono passata davanti ad Andrea con la mia bambina in braccio, mi sono fermata e ho detto: “Vedi Fiamma tu sei nata femmina, sei molto fortunata perché puoi piangere tutte le volte che vuoi, mentre loro, i maschietti, non possono”, il papà di Andrea resta muto e io e la mia bambina proseguiamo il nostro giro. Cosa vuol dire “sono le bambine che piangono?” È un difetto di fabbrica forse? L’uomo è forte, coraggioso, valoroso, la donna invece il sesso debole lacrimevole?

“Piangere è da bambine immature”. Ricordo il mio esame di maturità, avevo fatto degli scritti quasi perfetti, ma all’orale dopo aver esposto tutta la mia tesina qualcosa è andato storto e sono scoppiata in un pianto interminabile, una forma di liberazione di fine tensione. Finito l’orale il mio professore d’italiano sgancia il carico pesante: “E’ un peccato quel pianto finale, purtroppo qualche punto ti verrà tolto, sai si chiama esame di maturità e oggi ci hai mostrato che sei ancora immatura sotto certi aspetti”. La mia valutazione finale è stata frutto di 5 anni di studio e 5 minuti di lacrime che hanno rovinosamente diminuito il mio voto.

Chi sono le persone che solitamente piangono? I bambini, le persone troppo emotive, troppo impulsive, che provano rabbia, ansia, angoscia, frustrazione, impotenza, sconfitta, sofferenza, solitudine, sconforto, ingiustizia, è così necessario imparare a dominare queste sensazioni e imporsi di non lasciarle uscire? Questo ci hanno insegnato, bisogna reagire in modo “maturo”. Qualcuno sa dirmi come sarebbe il modo maturo? Io personalmente no.

Un giorno ho assistito ad un litigio fra un collega e il nostro capo, terminato il tutto io avrei pianto come una fontana, il mio collega invece ha preso la prima cosa che ha trovato e l’ha lanciata contro il muro dicendo poi una serie di santi accompagnati da varie altre caratteristiche. Mi sono chiesta: è forse questo il modus operandi delle persone adulte? cioè è meglio la sua reazione “maschile” rispetto alle mie “lacrime da femminuccia”? Lasciatemi dire che se non ci avessero insegnato che piangono solo le donne probabilmente oggi il mondo sarebbe meno pieno di gente con il porto d’armi che si ammazza. Sfogarsi con un pianto è una terapia che ci aiuta a liberare le nostre sofferenze.

Ho passato quasi 30 anni della mia vita a piangere nascosta nella mia cameretta, nella campagna di casa, dietro al fienile della nonna, poi crescendo piangevo a scuola nei bagni, proseguendo poi sul lavoro sempre rigorosamente nascosta nel bagno. La nostra società ci ha insegnato che piangere è qualcosa di imbarazzante, chi lo fa è di conseguenza debole e fragile ecco perché viene additato come sbagliato. Mi è capitato mille volte di avere un impeto di rabbia incontrollabile e la prima cosa che di riflesso facevo era riempirmi gli occhi di lacrime e vergognarmi a morte. Quante volte mi sono sentita frustrata e messa da parte sul lavoro per qualche scelta maschile, e ho pianto tantissimo. Ecco che i miei superiori mi facevano notare proprio come questo mio atteggiamento mi stesse rovinando “sei troppo emotiva vedi? Piangere dimostra che non sei pronta per quel lavoro”.

Non piangere e tenere tutto dentro per quasi 30 anni mi ha causato in ordine cronologico questi disturbi:

  • gastrite cronica,
  • attacchi di panico,
  • herpes ovunque,
  • pressione alta,
  • fame compulsiva,
  • periodi di digiuno,
  • insonnia,
  • depressione,
  • mal di schiena,

Inutile dire quanti specialisti ho frequentato per poter guarire da ogni male, ma questa storia ve l’ho già raccontata nell’articolo precedente, che è strettamente collegato a questo. Lo “scoppione” di gennaio che mi ha portato al ricovero ospedaliero mi ha insegnato che se non lascio fluire tutte le sensazioni che ho rischio di distruggermi fisicamente. Ecco che ho iniziato a dedicarmi due volte a settimana ai miei pianti liberatori. Ne parlavo in questi giorni nelle storie di IG (instagram), piango come esercizio settimanale per svuotarmi ed essere più serena.

Come? Ho scelto le “canzoni per piangere”, metto le cuffie e parto per la mia passeggiata in mezzo al nulla, le canzoni sono tristi e mi fanno scendere le lacrime, piano piano. Ripenso ai giorni in cui mi hanno detto troppe volte di non farlo, e penso soprattutto a chi me lo diceva. Solitamente uomini adulti che con prepotenza si prendevano una posizione di supremazia e dominio nei miei confronti, ed io, giovane e ingenua, lo accettavo perché ero una ragazza impreparata, mentre loro erano uomini che avevano il mondo in pugno. Le loro parole mi hanno fatto sentire sbagliata, fuori posto, fuori luogo, indifesa, piccola, debole, fragile.. mi dispiace tanto per la Federica di allora. La Federica di adesso andrebbe da lei ad abbracciarla forte dicendole che non c’è niente di male, il solo male sono le persone che ci fatto sentire così, per dominarci, manipolarci e farci credere che non andremo da nessuna parte così emotivamente instabili. Invece sono arrivata fino a qui, dove un sacco di donne mi leggono e mi ringraziano per farle sentire bene, normali, queste donne sono tante federiche che si sono sentite indifese, e io sono qui per loro. Mentre invece a tutti quelli che mi hanno guardato con aria compassionevole mentre cadeva una lacrima vorrei dire solo questo: fanculo, il mondo sta cambiando, noi donne stiamo cambiando, non siete più voi a far le regole.

Noi siamo veramente molto fortunate perchè possiamo piangere senza temere di essere chiamate “femminucce” siamo nate così, e spero che tutte voi femminucce la fuori parliate con i vostri bambini spiegando l’importanza delle lacrime, più sane e umane di un pugno, un’imprecazione o una violenza. Insegnamo ai nostri bambini che piangere è umano.

Ho scelto come immagine una frase di una delle mie scrittrici inglesi preferite, Charlotte Bronte, inviatami da Alessandra relativamente all’argomento pianto. Per chi ne avesse bisogno ecco la traduzione: “Piangere non significa essere deboli, fin dalla nascita sta ad indicare che siamo vivi”.