Quante volte ho già parlato di bodyshaming e quante volte lo farò ancora, sono troppe le cose da dire e ogni stimolo esterno mi provoca nuove considerazioni. Quello che andrò a scrivere oggi è il prodotto dell’articolo di Vanity Fair su Vanessa Incontrada, che mi è piaciuto moltissimo, è stato come leggere tra le righe la sua rinascita, come è riuscita ad accettarsi; sono convinta che questo abbia fatto bene a tutte noi, ma soprattutto a lei.
Lasciatemi dire però che Vanessa Incontrada è una figa pazzesca, il fatto che sia stata giudicata per il suo corpo “rotondo” la dice lunga su come va il mondo. Ogni singola donna che ha letto l’articolo ha sicuramente pensato: “Lei? e io allora?”, si perché io rispetto a lei sono un cesso a pedali, ecco. “Lei è la porta voce di una battaglia contro il bodyshaming”, ripeto: “Lei? e io allora?”. Vanity Fair ti piace vincere facile giusto? Per promuovere un messaggio importante come il #bodypositive e l’accettazione di noi stesse hai messo in copertina una donna bellissima, come mai non hai chiamato me? Forse perché ho almeno 15 kg extra rispetto a lei, capelli arruffati, occhiaie da non sonno, ceretta fatta a pezzi quando mia figlia dorme e attualmente un herpes sul labbro superiore?
Ok, dopo la mia mini polemica vorrei anche dire che comunque un passo avanti lo abbiamo fatto, anni fa un corpo bello come il suo non sarebbe mai stato messo in copertina perché non rispettoso dei canoni inflitti dallo showbiz.
Vanity Fair come tanti altri giornali sta promuovendo finalmente questa piccola rivoluzione di “nuova bellezza”, e li ringrazio, ma non mi sento meno brutta, anzi. Infatti girando pagina mi trovo poi al cospetto con la solita crema anti cellulite, quella antirughe per le neo quarantenni, la dieta liquida per perdere 5 kg in tre ore, il digiuno intermittente delle dive, il laser per eliminare i peli, vado avanti? Cioè bodypositive dove? Diciamo che l’articolo serviva per vendere giusto qualche copia a persone “rotonde” come me e farsi condividere su facebook.
Qual è il punto? Beh, il mercato dell’immagine lavora sul nostro senso dell’inadeguatezza facendo leva sul farci sentire sbagliate perché non abbiamo ancora acquistato un determinato prodotto miracoloso, deve farci sentire brutte sempre per renderci le clienti perfette, disposte a spendere qualsiasi cifra pur di aumentare la nostra autostima.
Prendiamo un qualsiasi giornale femminile e iniziamo a sfogliarlo; per essere al passo coi tempi è necessario che pubblichi e sostenga questi nuovi corpi che stanno facendo sentire la loro voce, la bellezza naturale, la ruga che ci rende diverse, ma allo stesso tempo, troveremo un’infinità di pubblicità di integratori, prodotti snellenti, modelle in taglia 38 ecc, concludendo poi con il test dello psicologo “scopri perché non ti piaci abbastanza”.
Parliamoci chiaro, al mondo non conviene liberarci dalle catene dei canoni di bellezza, il consumismo non può smettere di farci sentire brutte, ma continuare a schiavizzarci con messaggi e tenerci in pugno sgretolando la nostra autostima, così saremo impegnate a fare altro mentre gli uomini continueranno a comandare e manovrarci.
Rendere le donne indipendenti dalla loro immagine potrebbe mettere in ginocchio delle intere economie, quante siamo ad essere schiave di questo mondo? Io per prima ancora mi trovo ferma ad ascoltare networker che promuovono l’integratore di ultima generazione e sento il bisogno di comprarlo per essere “a posto con la mia coscienza”.
E’ l’insicurezza la carta vincente su cui tutto il mercato lavora, vendere la bellezza travestendola da “benessere fisico e mentale”. Non so voi ma nonostante mi sforzi di non ascoltare questi messaggi, me li sento dentro come un martello. Ho passato anni interi ad odiare il mio corpo o parti di esso, cercando di modificarmi con diete, facendo sport contro voglia e facendomi le extension ai capelli, ma quanto sono tossici questi comportamenti?
Sono TOSSICI perché ci sembra di poter essere felici solo quando saremo entrate nella taglia 42, quando i capelli saranno lunghi, quando la pancia sarà calata o le braccia toniche, senza renderci conto che la rincorsa alla felicità non avrà mai fine. Ogni qualvolta un obiettivo sarà raggiunto ecco che una nuova immagine o messaggio ci farà odiare un’altra parte ancora del nostro corpo e il circolo vizioso riprende, questa lotta non avrà mai fine.
Mettiamo di vivere in una città che non ci piace, possiamo cambiarla, ma a lungo andare non ci piacerà più neanche quella nuova, quindi vorremo cambiarla ancora e ancora. Odiare il nostro corpo può solo portarci ad essere insoddisfatti, infelici, perennemente stressati per la ricerca della tanta agognata perfezione che, immancabilmente, il mercato dell’immagine ci sposterà sempre più lontano per tenerci imbrigliati al guinzaglio dello spendere soldi.

IO SONO COME SONO.
Nel prossimo articolo vorrei parlare di quanto spendiamo per la ricerca della felicità (diete, integratori “naturali”, elisir di bellezza) e quanto siamo disposte a stressarci per arrivare a quella che sembra essere la felicità. Se avete idee o suggerimenti scrivetemi!
Ho sempre preferito la positività, interiore ed esteriore, di chi accetta il proprio corpo e il proprio aseptto senza ricorrere ad artefatti o addobbi.
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Sono d’accordo; sono dell’avviso che bisogna curare il proprio corpo ma non fino a rimetterci la salute mentale. Fisico e mente devono essere equilibrate allo stesso modo.
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Grazie!
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